Note sul haiku
di Laura D'Aurizio

  "Haiku la vita
un attimo di vita
diventa poesia"

Una breve forma poetica costituita
di tre versi di cinque, sette, cinque sillabe.
Solo diciassette sillabe per circoscrivere un'emozione.
Sono sufficienti per tuffarsi nel proprio
Sé connesso al Tutto,
nell'universo della nostra percezione.

Il haiku è nato in Giappone, storicamente risale al sedicesimo secolo, ed è innegabile la sua
collocazione nella tradizione buddista soprattutto di matrice zen. Il haiku ha origine dal Tanka,
composizione in versi di 5-7-5-7-7 sillabe, di cui si ha documentazione a partire dal quarto
secolo e la prima antologia della poesia giapponese una raccolta di quattromilacinquecento
poesie risale all'ottavo secolo. La forma originaria ha poi subito più di una modificazione
passando dapprima al renga una sorta di poesia corale incatenata in cui il poeta, haijin,
compone una strofa, hokku, di 17 sillabe(5-7-5) alla quale un altro poeta risponde con una
strofa di 14 sillabe (7-7), arrivando infine a rendere autonoma la prima strofa, hokku
-che fu pure chiamato haikai. Più tardi il termine haiku sostituì quelli di hokku e haikai.

Il primo sommo autore di haiku è stato Matsuo Basho, alla fine del 1600, splendida semplice
immensa figura di poeta itinerante che viaggiò per la sua terra, cercatore di conoscenza attento
alla comprensione della natura e che ci ha lasciato le sue "illuminazioni" nel suo proprio diario
poetico in forma di kaiku.

Se si intende rispettare il canone classico del haiku si deve tener conto di alcuni elementi o sue
peculiari caratteristiche:
- innazitutto il kigo, cioè la parola-chiave che indica la stagione, attorno a cui ruota tutto il
contenuto e che svela il vero significato del haiku;

- La veste autobiografica in quanto l'haiku non è disgiunto dal haijin che lo scrive: c'è un
momento esistenziale, un unicum che vede il haijin vibrare di quella emozione che viene resa
nella forma della scrittura;

- L'omissione di alcuni nessi di collegamento, un aspetto estremamente semantico perché da
lì si produce lo choc, il bagliore che rivela il significato profondo dei versi;

- L'omissione del soggetto -che tanto aveva colpito ed infiammato Roland Barthes- in realtà è
una caratteristica della lingua giapponese stessa.

Il haiku, quindi, non è una composizione metrica libera ma è fissata in versi di 5-7-5 sillabe,
benché ci siano anche haiku in metrica libera di poeti giapponesi d'avanguardia.
Vengono accettate, le sillabe eccedenti, quando è inevitabile per includere un nome proprio
come nomi di fiori o altro oppure per esprimere un'atmosfera speciale.
Non sono ammessi versi per un numero inferiore di sillabe.
Tutto ciò per rimanere in un ambito di piena adesione al canone classico.

A mio giudizio, ferma restando la regola sillabica, dalla quale non sento possibile allontanarmi
(e comunque l'applicazione della sinalefe, nella nostra metrica, "comporta" qualche sillaba in più),
sento invece sensata ed agevole la sperimentazione di una libertà espressiva per i contenuti, un
agio mentale di poter spaziare dall'osservazione e dallo stupore della natura al mio proprio
microcosmo emozionale, a qualsiasi riflesso, appunto, della mia personale interiorità sentimentale
e percettiva.

Miracolo di sintesi di linguaggio e di carica espressiva il haiku è rapido, folgorante, intenso,
emozionante ma anche concreto preciso, contingente.

La visione simbolista e crepuscolare di un haiku carico di dissolvenza, di aloni, di allusività, di
vaghezza e mancamento, di atmosfera indistinta, "quell'aria di scusarsi di esistere" -come ebbe a
dire Andrea Zanzotto, non è un'interpretazione del tutto esauriente in quanto il haiku dice degli
stati d'animo ma parla, anche, di cose, di oggetti precisi che nella loro particolare contingenza
rispecchiano il mondo. In altri termini la concretezza della vita quotidiana si congiunge al senso
del mistero e della profondità, quella particolare atmosfera che viene definita "lo yugen".
L'atmosfera del haiku è caratterizzata da intime profondità, inaccessibili ad una lettura disattenta,
è come la punta di un iceberg che cela un'altra massa di ghiaccio nascosta ed impercettibile.
Il tratto essenziale di quell'atmosfera è lo yugen appunto, termine che si può rendere con
profondità misteriosa. Chi sa coglierla si troverà in contatto con il mistero che mai può essere
completamente vagliato e svelato. Come D. T. Suzuki ci ricorda "la realtà ovvero l'origine di
tutte le cose, è una quantità ignota all'intelletto umano ma che comunque possiamo sentire nel
modo più concreto".

Ogni haiku è un universo compiuto in una percezione istantanea di tempo e di luogo definiti.
Analizzando il celebre sublime haiku di Basho:

Furu ike ya
Kawazu tobikomu
Mizu no oto


vecchio stagno
tonfo di rana
suono d'acqua



viene così subito chiaro e in risalto l'aspetto cosiddetto yohaku (da intendersi come qualità che
connota ogni forma di riduzione all'essenziale): la riduzione al minimo delle parole impiegate, così
al livello semantico, la realtà e l'evento rappresentato non vengono accompagnati da alcuna
allusione al soggetto che li percepisce né tanto meno da una sua riflessione o da un suo
commento sentimentale (la rappresentazione dell'attimo in cui si danno il tonfo nell'acqua della
rana e il suono corrispondente non è accompagnata da alcuna considerazione del poeta sulla
fugacità del tempo o sull'interruzione di una situazione di pace o di silenzio) ma viene a prodursi
una alta concentrazione spaziale (una semplice linea chiusa, lo stagno al cui interno si colloca
solo un punto, quello in cui avviene il tonfo della rana) ed una concentrazione temporale di tre
tempi in uno: l'aggettivo vecchio che conferisce all'intera scena la qualità sabi (di semplicità,
naturalità, rusticità)indica il tempo passato, mentre tonfo indica un primo tempo presente e suono
un secondo tempo presente leggermente sfasato rispetto al primo. Questa serie di minuziose
considerazioni analitiche non devono e non fanno tuttavia dimenticare che questi tre versi
sprigionano una prodigiosa potenza sintetica. Ecco il miracolo del haiku!

Ancora tanto si potrebbe dire sul haiku, tutto il dicibile ed ogni tentativo sull'indicibile, la sua
bellezza, l'ineffabilità , la sua grandiosità: il haiku non ha limiti di definizione, non ha confini, come
un vasto mare, perennemente mutevole e sempre uguale, come le stagioni, come l'esistenza.
Ecco haiku è la vita, un attimo di vita che è poesia, poesia del reale che ci comprende e ci
trascende.

Il haiku esorta alla partecipazione, al godimento di un'ineffabilità mai totalmente rivelata, ci
permette di intuire l'insondabile nelle sue tonalità di base. Il haiku ci porta per mano al valore
delle cose vicine, quelle ordinarie e abituali, verso l'insignificante che tale non è mai e ci svela la
straordinarietà dell'ordinario. Tutti gli elementi sono degni del nostro occhio poetico, ogni
creatura vivente nessuna esclusa, ogni fibra del mondo vegetale, ogni minerale o sostanza
inorganica: tutto è degno della stessa attenzione. Ogni cosa è se stessa ed è, nel contempo,
qualcos'altro, si tratta dell'assunto basilare di una logica paradossale.
Le distinzioni di valore non si addicono al mondo del haiku perché esso sottolinea, piuttosto,
la totalità -unico modo, di cogliere la particolarità delle cose.

Il haiku è conciso, ha una naturalezza essenziale, la sua espressività è lapidaria e coglie nel segno
sposandosi con il silenzio che segue la lettura della composizione.
Il haiku non sintetizza una marea di impressioni ma traduce quel momento e quella impressione
nell'immediatezza dell'attimo. Non tutte le composizioni brevi sono haiku ma solo quelle che
attingono direttamente alla spontaneità e riescono a tradurla in forma concisa.

Ideogramma di "Mu"
Fare posto al vuoto: tutta la letteratura giapponese è impregnata in vari modi e a vari livelli di
profondità degli insegnamenti buddisti che nell'accezione Zen assumono particolare rilievo e
vengono coltivati con particolare attenzione. Il haiku è la massima condensazione linguistica
possibile di una visione del mondo fondata sulla constatazione della transitorietà e relatività di
ogni cosa ma nel contempo il vuoto che vibra nel haiku non è il vuoto dell'assenza e della
privazione ma lo spazio della pienezza incomparabile dell'esistenza che ne traduce la
fondamentale ricchezza. Il haiku rivela uno specchio vuoto: si inscrive nello spazio senza
simbolizzare nulla e senza la pretesa di avere un significato. È un'immagine opaca, priva di
riflessi, commentare un haiku è dunque impossibile si può solo dire che, in tutta semplicità,
qualcosa avviene e basta. Non c'è altro da aggiungere all'haiku di Josho, discepolo di Basho

minasoko no
iwa ni ochitsuku
ko no ha kana

sul fondo dell'acqua
adagiate su una roccia
foglie d'albero

Ogni commento tradirebbe l'immediatezza dell'immagine
ed è meglio abbandonare le parole, per far spazio all'evento.

A conclusione di questa panoramica sul haiku vorrei aggiungere ancora qualche nota personale,
dire che nel mio personale approccio al mondo del haiku fin dal primo cimentarmi ho sentito
fortemente il rispetto delle diciassette sillabe, ho sentito potente e misteriosa la sapienza
numerologica di quella scansione, essendo nuovo per me il rigore il rispetto della disciplina mi
sono inchinata a questa acquisizione ed è stato ed è naturale per me rispettarla, anche se talvolta
mi è capitato di avvertire i limiti di una misura ingabbiante o un senso mutilante, eppure via via
che procedo è sempre più chiara ed istintuale la mia adesione a quella regola sillabica.
Per tutto il resto voglio sperimentare libertà e naturalezza, non osservo necessariamente il kigo
stagionale, penso che comunque sia sottinteso un tempo fisico che mi vede agire e vibrare di
quella emozione che voglio cogliere. Mi piacciono tanti sapori anche quello del divertissement
dell'ironia o dell'autoironia o addirittura del sapienziale, forse è un forzare lo spirito del haiku ma
perché no? Persino in Giappone si pongono questi problemi, una tenace osservanza dei canoni
strettamente classici sa di déja vissuto, di ritualistica alla fin fine se non si rinfresca con il respiro
del nostro tempo e con l'alito di questo momento. Per questo mi prendo libertà per i contenuti.
Per me, ma si può dire per chiunque si metta in sintonia, l'haiku è rapimento emozionale,
folgorazione zen, trasalimento, stupore, intima connessione con la natura, abbattimento della
separazione, evaporazione delle dicotomie, fusione panica, semplicità e semplificazione della
realtà, luminosa comprensione della straordinarietà dell'ordinario.

Per tutto questo con gratitudine ed amorevolezza esprimo, anch'io, la celebrazione della vita,
attraverso i miei haiku.

Chiunque -come dice Araki Tadao- consapevole o no, è poeta di haiku

Firenze,30 agosto 2001 Laura D'Aurizio

Ps: per documentarmi ho attinto alle seguenti fonti:

- Carla Vasio
- Irene Iarocci
- Leonardo Vittorio Arena
- Giangiorgio Pasqualotto

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